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I CONSIGLI DEL MEDICO

La disciplina della medicina metabolomica: cos’è e come funziona

Eccoci in questo nuovo articolo, dove affronteremo la tematica della medicina metabolomica, spiegando cos’è e come funziona. Si tratta di un argomento piuttosto complesso sotto certi aspetti, tuttavia cercheremo di spiegare con termini chiari e comprensibili. 

La medicina metabolomica è una disciplina scientifica che studia il metabolismo, ovvero il complesso di reazioni chimiche che avvengono all’interno dell’organismo per trasformare le sostanze nutritive in energia e per costruire e riparare le cellule.

La metabolomica utilizza tecniche analitiche avanzate per misurare la concentrazione di migliaia di metaboliti, ovvero le molecole che derivano dal metabolismo. Questi metaboliti possono essere misurati in vari fluidi biologici, come il sangue, l’urina, la saliva e il sudore. Proseguiamo quindi nello spiegare che cos’è e come funziona.

Che cos’è la medicina metabolomica?

Quindi, come detto, la medicina metabolomica è una disciplina scientifica che studia il metabolismo. Il metabolismo è un processo fondamentale per la vita, e qualsiasi alterazione del metabolismo può portare a malattie. La medicina metabolomica si concentra proprio nello studio di queste alterazioni metaboliche, con l’obiettivo di migliorare la diagnosi, la prognosi e il trattamento delle malattie.

La misurazione dei metaboliti può fornire informazioni preziose sullo stato di salute di un individuo. Ad esempio, può essere utilizzata per:

  • Diagnosi precoce di malattie. Misurando i cambiamenti nei metaboliti, è possibile identificare malattie anche prima che si manifestino i sintomi.
  • Identificazione di biomarkers. I biomarkers sono molecole che possono essere utilizzate per monitorare l’evoluzione di una malattia o per valutare l’efficacia di una terapia. La medicina metabolomica può essere utilizzata per identificare nuovi biomarkers per diverse malattie.
  • Sviluppo di nuove terapie personalizzate. Basandosi sulle caratteristiche metaboliche individuali del paziente, è possibile sviluppare terapie personalizzate che siano più efficaci e meno dannose.

C’è da dire, inoltre, che la medicina metabolomica è ancora una disciplina relativamente giovane, ma sta rapidamente diventando una parte importante della medicina moderna.

Come funziona la medicina metabolomica?

Detto quindi che cos’è la medicina metabolomica, dobbiamo parlare di come effettivamente funziona. Ci concentriamo, dunque, nella misurazione dei metaboliti. La misurazione dei metaboliti viene effettuata utilizzando tecniche analitiche avanzate, come la spettrometria di massa e la cromatografia liquida. Queste tecniche consentono di separare i metaboliti tra loro e di misurarne la concentrazione.

Il processo di misurazione dei metaboliti può essere schematizzato in cinque fasi:

  1. Preparazione del campione. Il campione biologico, come il sangue o l’urina, viene preparato per la misurazione. In questa fase, i metaboliti vengono separati dal resto del campione e vengono preparati per essere analizzati.
  1. Misurazione dei metaboliti. I metaboliti vengono misurati utilizzando tecniche analitiche avanzate, come la spettrometria di massa e la cromatografia liquida.
  1. Elaborazione dei dati. I dati raccolti vengono elaborati attraverso complessi algoritmi bioinformatici per identificare modelli e relazioni tra i metaboliti.
  1. Interpretazione dei risultati. I risultati della misurazione vengono interpretati da un medico o da un biologo molecolare. In questo modo, si possono comprendere meglio le vie metaboliche coinvolte ed identificare meglio i biomarcatori (o biomarkers come li abbiamo chiamati prima) specifici associati a determinate condizioni.
  1. Applicazioni cliniche. Arrivati alla fine, la medicina metabolomica può essere utilizzata per diverse applicazioni cliniche, tra cui la diagnosi di malattie, la prognosi, il monitoraggio della risposta al trattamento e la personalizzazione delle terapie.

In sostanza, questo approccio fornisce informazioni dettagliate sullo stato metabolico dell’organismo, consentendo una visione più completa e personalizzata della salute di un individuo.

Quali sono le analisi metabolomiche?

Entriamo ora ancora nello specifico, spiegando quali sono queste analisi metabolomiche. Esistono due principali tipi di analisi metabolomiche.

Le prime sono le cosiddette analisi metabolomiche mirate. Queste analisi si concentrano sulla misurazione di un numero limitato di metaboliti, solitamente noti per essere associati a una specifica malattia o condizione. Le seconde, invece, sono chiamate analisi metabolomiche non mirate. Queste analisi misurano la concentrazione di tutti i metaboliti presenti in un campione. Le analisi metabolomiche non mirate possono essere utilizzate per identificare nuovi biomarkers o per ottenere una visione globale del metabolismo di un individuo.

A questo punto, risulta utile fare anche degli esempi pratici di analisi metabolomiche. Li elenchiamo di seguito:

  • Diagnosi del diabete. Misurando la concentrazione di glucosio e altri metaboliti nel sangue, è possibile diagnosticare il diabete anche prima che si manifestino i sintomi.
  • Diagnosi del cancro. Misurando la concentrazione di metaboliti specifici nelle urine, è possibile diagnosticare il cancro in fase precoce.
  • Monitoraggio dell’evoluzione dell’Alzheimer. Misurando la concentrazione di metaboliti che si accumulano nel cervello dei pazienti, è possibile monitorare l’evoluzione della malattia.
  • Valutazione dell’efficacia di una terapia per l’obesità. Misurando la concentrazione di metaboliti che sono coinvolti nel metabolismo dei grassi, è possibile valutare l’efficacia di una terapia per l’obesità.

Possiamo capire che la medicina metabolomica ha un grande potenziale. Possiamo definirla come una grande rivoluzione, in quanto permette ai medici di diagnosticare malattie in fase precoce, ovvero quando sono più facilmente curabili. Potrebbero anche aiutare a identificare nuovi trattamenti per le terapie, e a sviluppare terapie personalizzate che siano più efficaci e meno dannose.

Quanto possono costare le analisi metabolomiche?

Vogliamo chiudere l’articolo rispondendo a questa domanda non banale. I costi delle analisi metabolomiche variano a seconda della tecnica analitica utilizzata, della complessità del campione e della struttura del laboratorio. In generale, le analisi metabolomiche sono più costose delle analisi tradizionali, come le analisi chimiche.

Infatti, un’analisi metabolomica può costare da poche centinaia di euro a diverse migliaia di euro. Ad esempio, un’analisi metabolomica mirata del sangue per la diagnosi del diabete può costare circa 200 euro, mentre un’analisi metabolomica non mirata del cervello per lo studio delle malattie neurodegenerative può costare circa 10.000 euro.

Comunque sia, non bisogna spaventarsi di queste cifre. I costi delle analisi metabolomiche possono essere sostenuti dall’assicurazione sanitaria o da enti di ricerca. In alcuni casi, le analisi metabolomiche possono essere rimborsate dall’assicurazione sanitaria, se sono prescritte da un medico.

La patologia della maculopatia

In questo articolo parleremo di una patologia non tanto conosciuta ma che, se sottovalutata, può portare a gravi problemi. Parliamo infatti della maculopatia, una condizione che colpisce la macula, una parte della retina responsabile della visione centrale nitida e dettagliata. La macula è essenziale per attività come leggere, guidare e riconoscere i dettagli fini. La maculopatia può manifestarsi in diverse forme e può essere causata da una serie di condizioni e fattori di rischio. Andiamo ora ad esaminare nel dettaglio questa patologia.

Quali sono le cause principali della maculopatia?

Iniziamo dal principio, ovvero dalle principali cause. Esse sono più che altro soggettive, possono quindi variare dal tipo specifico di condizione che colpisce la macula. Tuttavia, possiamo comunque farle condurre a delle macro categorie, elencate di seguito.

  • Degenerazione maculare legata all’età (AMD). La forma più comune di maculopatia è la degenerazione maculare legata all’età, che colpisce generalmente gli adulti di età superiore ai 50 anni. La causa esatta non è completamente compresa, ma fattori come l’invecchiamento, l’ereditarietà, l’infiammazione e l’esposizione alla luce solare e alla luce blu possono contribuire allo sviluppo della condizione.
  • Diabete. La maculopatia diabetica è una complicanza comune del diabete e può verificarsi a seguito di danni ai vasi sanguigni della retina. Il diabete, se non controllato nel tempo, può portare infatti a danni ai vasi sanguigni della retina, influenzando la salute della macula e causando problemi di visione.
  • Miopia patologica. La miopia patologica, una condizione in cui l’occhio è molto lungo o la cornea è molto curva, può aumentare il rischio di sviluppare problemi alla retina, inclusa la maculopatia miopica.
  • Malattie ereditarie. Alcune malattie ereditarie possono predisporre a condizioni come la degenerazione maculare legata all’età precoce.
  • Fattori di rischio vascolare. L’ipertensione, l’aterosclerosi e l’altro disturbi vascolari possono influenzare la salute dei vasi sanguigni della retina e aumentare il rischio di sviluppare problemi alla macula.
  • Fumo di tabacco. Il fumo di tabacco è stato collegato a un aumentato rischio di sviluppare la degenerazione maculare legata all’età e altre malattie oculari.

Quali sono i primi sintomi della maculopatia?

Parlato delle principali cause, è quindi importante analizzare i primissimi sintomi che possono intercorrere. Si trattano dei segnali d’allarme da non sottovalutare. Questi sintomi includono innanzitutto una visione offuscata o quanto meno annebbiata, in quanto vi è infatti una diminuzione della chiarezza della visione. Dopodiché vi è una possibile distorsione delle linee rette, che vengono percepite come ondulate o distorte. Successivamente si parla di scotoma centrale, ovvero un’area oscura o vuota nel campo visivo centrale e di una certa difficoltà a vedere i dettagli fini, come testi piccoli o piccoli dettagli. Infine, ci può essere una difficoltà a vedere in condizioni di scarsa illuminazione. La visione infatti può peggiorare in condizioni di scarsa illuminazione o al calar del sole.

Quali sono gli occhiali per maculopatia?

Parlando di occhi, è doveroso parlare anche di occhiali speciali per la maculopatia. Consultare un esperto specializzato può sicuramente aiutarti a determinare se esistono opzioni specifiche di occhiali o dispositivi ottici che possono migliorare la tua visione in base al tipo e alla gravità della tua condizione specifica. Tuttavia, ci sono già alcuni tipi di occhiali o dispositivi ottici che possono offrirti un aiuto per migliorare la visione e facilitare le attività quotidiane. Teniamo quindi in considerazione i sintomi descritti precedentemente.

Iniziamo dagli occhiali da lettura con lenti speciali, come lenti bifocali o lenti prismatiche. Essi possono essere prescritti per migliorare la visione da vicino e facilitare la lettura e altre attività che richiedono la visione da vicino. Dopodiché abbiamo gli occhiali con filtri per la luce blu, che forse già conosci. Essi possono infatti aiutare a ridurre l’affaticamento degli occhi e migliorare il contrasto, rendendo più facile vedere in ambienti luminosi o davanti a dispositivi elettronici.

Successivamente si trovano le lenti ingrandenti o occhiali da ingrandimento. Queste lenti speciali possono essere incorporate negli occhiali per ingrandire oggetti o testi, facilitando la lettura e il riconoscimento dei dettagli. Menzione per gli occhiali con lenti a prisma. Essi possono essere utilizzati per correggere la distorsione delle linee rette e migliorare la percezione degli oggetti e degli ambienti. Infine, i dispositivi di ingrandimento e assistive technology, come lenti di ingrandimento manuali, telescopi per occhiali o dispositivi di ingrandimento elettronici, possono essere utilizzati per migliorare la visione e facilitare l’uso quotidiano.

Esiste una cura per la maculopatia?

La domanda può sorgere spontanea arrivati a questo punto, ovvero se esiste una cura per la maculopatia. Attualmente, però, non esiste una cura definitiva, ma esistono comunque diverse opzioni di trattamento che possono aiutarti a gestire la condizione e a rallentare la progressione. Ovviamente, il trattamento dipende principalmente dal tipo specifico di maculopatia e dalla sua gravità.

  • Terapia farmacologica intravitreale. Per alcune condizioni, come la degenerazione maculare legata all’età umida (AMD come l’abbiamo chiamata prima) e l’edema maculare diabetico, possono essere prescritti farmaci intravitreali, come iniezioni di inibitori del fattore di crescita endoteliale vascolare (anti-VEGF), per ridurre l’edema e per rallentare la progressione della patologia.
  • Terapia laser. In alcuni casi, la terapia laser può essere utilizzata per sigillare o distruggere i vasi sanguigni danneggiati per ridurre l’edema e per prevenire la perdita della visione.
  • Chirurgia. Qua ci si trova in gravi casi di maculopatia, come la membrana neovascolare coroideale, dove può essere considerata la chirurgia vitreoretinica per rimuovere la membrana o i tessuti anormali che influenzano la vista.
  • Terapia nutrizionale. Da non sottovalutare le vitamine. Infatti, alcuni studi hanno suggerito che un’alimentazione ricca di nutrienti come luteina, zeaxantina, zinco, vitamina C ed E, può aiutarti a ridurre il rischio di progressione della degenerazione maculare legata all’età.
  • Gestione dei fattori di rischio. Controlla i fattori di rischio come l’ipertensione, il diabete e smettere di fumare può contribuire a gestire la maculopatia e a prevenire ulteriori danni alla vista.

Concludiamo questo articolo dicendo che in ogni caso è importante consultare regolarmente un oftalmologo specializzato per valutare la progressione della malattia e per discutere delle opzioni di trattamento più adatte al tuo caso specifico. Un intervento tempestivo e una gestione attenta possono contribuire a preservare la migliore funzione visiva possibile e a migliorare la qualità della vita.

Eliminare i problemi emotivi per una salute equilibrata

Capita spesso di notare come molti di noi separano la testa, la mente e le emozioni dal proprio corpo. 

Anche coloro che “sanno” di essere totalmente intrecciati possono spesso dimenticare e trascurare questa verità.

Quando affrontiamo e risolviamo problemi emotivi, dobbiamo ricordare che le emozioni possono rimanere intrappolate nelle cellule del nostro corpo.

All’interno della Kinesiologia lavoriamo sulle emozioni che sono rilevanti per il muscolo, l’organo o il sistema debole, il che è incredibilmente benefico. 

Tuttavia, quando non stiamo bene o improvvisamente i sintomi si fanno sentire ma non sia ma in grado necessariamente di collegarli immediatamente a stress, traumi o comportamenti appresi negativi passati o presenti, soprattutto se sentiamo di averli lasciati andare nella nostra mente

Possono volerci anni prima che il nostro corpo riveli lo stress.

I nostri corpi spesso impiegano un po’ di tempo per recuperare il ritardo e rivelare il tributo che lo stress ha avuto sul nostro lato fisico. 

Alcuni dicono che ci vogliono 10 anni prima che il corpo riveli lo stress e talvolta più tempo se non ci concediamo una pausa o ci sentiamo al sicuro per lasciar andare. 

Nel suo libro più venduto, Louise Hay fornisce un ampio elenco di sintomi fisici e delle emozioni ad esso collegate, nonché affermazioni per aiutare a liberare ciò che è immagazzinato nel corpo e nella mente.

Spesso è solo quando ci fermiamo che il corpo può quindi avere lo spazio e il tempo per mostrare squilibrio attraverso i sintomi, che dobbiamo ascoltare.

Possiamo rimanere bloccati in una carreggiata sul come affrontiamo e sul come agiamo nella vita, perché quello che abbiamo fatto ha funzionato per noi in passato. 

Tuttavia, man mano che i nostri corpi recuperano terreno, i meccanismi di copiatura che hanno funzionato sono diventati il ​​problema che deve essere cambiato. 

Ad esempio, se qualcuno ha usato il fumo per aiutarli a gestire lo stress e l’ansia, di solito ci sarà un momento in cui il corpo si ribella e diventa stressato e ansioso a causa del fumo. 

Ciò può causare un sintomo fisico che non andrà via fino a quando la persona non smette di fumare e non affronta la causa principale emotiva.

Un altro esempio potrebbe essere con una persona che fa degli esercizi per aiutare ad affrontare lo stress. 

L’esercizio eccessivo a volte può portare a un ulteriore affaticamento del sistema surrenale/ghiandolare (oltre all’effetto dello stress originale). 

L’effetto a catena di questo è che la persona potrebbe ammalarsi costringendo il corpo a fermarsi e creando lo spazio per affrontare veramente il problema a portata di mano. 

Quindi ciò che aveva aiutato in passato, ovvero l’esercizio, ora è diventato un problema.

I nostri corpi non sono macchine

I nostri corpi non sono macchine che possono continuare a sopportare lunghi periodi di stress senza alcun effetto. 

Sono strumenti finemente sintonizzati con un ambiente incredibilmente complesso in cui vivere. 

Il nostro stato emotivo gioca un ruolo vitale nel modo in cui i nostri corpi sono in grado di mantenersi in equilibrio.

Quindi, quando vogliamo “essere in salute” potrebbe non essere sufficiente guardare alle nostre diete e al nostro stile di vita. 

Potremmo aver bisogno di scavare un po’ più a fondo, per creare uno spazio per ascoltare la saggezza del nostro corpo e usare la Kinesiologia per rilasciare tutte le emozioni, gli stress e i traumi immagazzinati nel nostro corpo fisico per riequilibrare il corpo, superare e prevenire le malattie.

Terapie per la disbiosi intestinale

La peristalsi permette la propulsione del contenuto intestinale e di conseguenza limita l’eccessiva crescita delle specie batteriche, mentre la stasi intestinale può modificare quotidianamente e qualitativamente la microflora intestinale.

Il naturopata, osteopata Heilpraktiker F.L. Adamski sostiene che il benessere psicofisico si ottiene con una giusta alimentazione ma, prima di ciò, il tubo digerente deve essere libero dalle scorie in eccesso e qui di seguito spieghiamo la sua teoria.

Il tubo digerente è un regolatore di altissima precisione, se ciò non fosse il nostro peso e la composizione del nostro sangue cambierebbero di continuo.

Per correggere eventuali squilibri deve portare a termine due operazioni.

Il Transito: si tratta di evacuare tutti gli elementi superflui o nocivi assorbiti alimentandosi, ossia liberarsi dei rifiuti.

Il transito è “un’operazione verticale”, che va dalla bocca del retto permettendo di scendere lungo i circa 12 mt dell’intestino e facendoli così passare attraverso i vari organi incaricati di trasformarli, di dissolverli e di filtrarli per eliminare alla fine soltanto i rifiuti, le tossine ed i grassi nocivi.

Assimilazione/eliminazione: da una parte è in gioco la necessità che tutto l’organismo tragga profitto dagli alimenti ingeriti per via orale, alimenti necessari per la vita. 

Questa assimilazione è “un’operazione orizzontale” che va dall’interno verso l’esterno del cibo digerente.

Attraverso piccoli orifizi filtranti situati lungo il tubo, le vitamine, i minerali, gli oligoelementi ed i grassi buoni contenuti negli alimenti, passano nel sangue e vanno a nutrire tutte le cellule dell’organismo.

Questo flusso orizzontale è però a doppio senso, dall’esterno all’interno del tubo differente si produce infatti l’eliminazione, altra funzione essenziale del tubo digerente.

In effetti questi stessi orifizi, prima menzionati, consentono anche l’evacuazione verso il tubo di tossine presenti, per svariate ragioni, nelle cellule del sangue.

I due passaggi, l’uno verticale, il secondo orizzontale, attraverso il tubo digestivo, sono intimamente legati.

Se in uno si verifica una disfunzione, di conseguenza si constata una anomalia anche all’altro, si innesca cosi un circolo vizioso.

Quando il transito non procede in modo giusto, le materie assorbite si accumulano lungo il tubo, lo “incrostano”, tappano così gli orifizi e impediscono sia l’assimilazione che l’eliminazione.

Se l’eliminazione non funziona bene, tutti gli elementi che dovrebbero defluire nel sangue attraverso gli orifizi, rimangono nel tubo digerente e finiscono per intasarlo impedendo il transito.

Una cattiva digestione, vale a dire un problema di transito e di conseguenza di assimilazione/eliminazione può avere effetti negativi su tutto il corpo poiché ciò che assorbiamo influisce direttamente sugli organi emuntori attraverso i quali eliminiamo i rifiuti e quanto è superfluo.

Quando i piccoli orifizi situati lungo il tubo sono “incrostati” il sangue non è più adeguatamente “irrigato”.

Le vitamine, i minerali, gli oligoelementi, i “grassi buoni” non riescono più a passare nel sangue e questo si impoverisce creando carenze nutritive all’organismo, si instaura uno squilibrio.

Le tossine presenti nel sangue, provengono esse dall’esterno tramite la respirazione o siano state prodotte spontaneamente dalle cellule sanguigne, non sono più eliminabili con la digestione, ma rimangono in stoccaggio, ammassate, e quindi intossicano l’organismo.

A questo proposito si presenta il caso del colesterolo.

Sappiamo tutti che l’organismo ha necessità di colesterolo “buono”.

Se le cellule del sangue non lo ricevono più tramite l’alimentazione e l’assimilazione, una reazione cosiddetta di sopravvivenza fa sì che siano le stesse cellule a produrlo.

Il colesterolo così prodotto non potendo essere eliminato attraverso la via digestiva, si accumula nelle cellule, aumenta la quantità e si arriva alla ipercolesterolemia.

È del tutto inutile eliminare i grassi dai nostri pasti, dato che verranno comunque prodotti dal sangue stesso e poi saranno eliminati.

Quando il transito è rallentato e le sostanze ristagnano nel tubo si avranno tutti i problemi di assimilazione menzionati in precedenza e conseguenze sugli organi emuntori. 

Si hanno anche problemi meccanici che riguardano essenzialmente il dorso e la circolazione del sangue.

Il tubo digerente, la cui lunghezza è di circa 12mt, non penzola nel vuoto, ma si aggrappa tramite speciali collegamenti, a determinate parti ossee, in special modo a quelle vertebrali.

Quando non funziona bene, esso subisce variazioni di peso e di volume che creano tensioni a livello delle parti ossee in questione.

Qualsiasi movimento falso o uno sforzo che vanno a sollecitare la colonna vertebrale possono creare piccole catastrofi quali lombalgie, torcicollo, sciatica.

Anatomia e fisiologia dell’apparato digerente basso

In questo articolo capiremo assieme l’anatomia e la fisiologia dell’apparato digerente basso.

L’ intestino tenue si estende dallo sfintere pilorico fino al suo sbocco nell’intestino crasso.

È lungo circa sei metri e si suddivide in:

  • Duodeno, lungo circa 25-30 cm.
  • Digiuno, lungo circa i 2/5 dell’intestino tenue.
  • Ileo, lungo circa i 3/5 dell’intestino tenue.

Il duodeno, breve tratto ricurvo, è fissato allo stomaco e riceve, a metà della sua superficie concava, il coledoco ed anche il dotto pancreatico.

Unito a questo tratto vi è il digiuno che prosegue nell’ileo.

Il principale ruolo dell’ileo è di completare l’assorbimento delle sostanze nutritive ricavate dal cibo digerito, passate attraverso i due segmenti precedenti.

L’intestino tenue, come lo stomaco, è provvisto di 4 tonache ovvero quella peritoneale o sierosa, quella muscolare, la sottomucosa e la mucosa.

La mucosa è disposta in pieghe ed il loro scopo è quello di aumentare la superficie dove hanno luogo le secrezioni e l’assorbimento.

La superficie della membrana mucosa è di circa 300 mq è leggermente ruvida per la presenza di piccoli villi, i quali contengono dei capillari atti ad assorbire i prodotti della digestione dei carboidrati

(glucosio) e delle proteine (aminoacidi) ed un vaso linfatico centrale, o vaso chilifero nel quale viene assorbito il grasso.

La membrana mucosa contiene anche ghiandole che secernono il succo intestinale (succo enterico).

Il tessuto linfatico si trova nello stomaco sottomucoso, sia come noduli solitari che come accumuli di tessuto linfoide chiamati placche di Peyer e sono presenti nella parte terminale dell’ileo.

Riassumendo, nel duodeno, il chimo acido proveniente dallo stomaco viene mescolato alla bile ed al succo pancreatico, entrambi alcalini.

Questi succhi continuano ad agire sugli alimenti durante tutto il loro passaggio attraverso l’intestino tenue.

Nel digiuno e nell’ileo, un certo numero di ghiandole situate sulla membrana mucosa, secernono il succo intestinale o enterico.

Questo succo è un liquido alcalino contenente i seguenti fermenti:

  • Erepsina, che trasforma i peptidi in aminoacidi.
  • Invertasi, che trasforma lo zucchero in glucosio.
  • Maltasi che trasforma il maltosio in glucosio.
  • Enterochinasi, che trasforma il tripsinogeno, presente nel succo pancratico, in tripsina.

La funzione più importante dell’intestino tenue è di assorbire quasi tutti i prodotti della digestione.

Quando il chimo raggiunge l’intestino crasso, molte sostanze sono state assorbite.

Composizione del Crasso

L’intestino crasso misura circa 1,5 mt. Di lunghezza e conta le seguenti parti.

  • Cieco ed appendice vermiforme.
  • Colon ascendente
  • Colon trasverso.
  • Colon discendente.
  • Colon pelvico o sigma.
  • Retto.

Il cieco è un sacco dilatato situato nella fossa iliaca destra, nella quale sbocca l’ileo in corrispondenza della valvola ileo-cecale.

L’appendice vermiforme origina dal cieco, è lunga circa 9 cm. ed è rivestita da membrana mucosa è contiene il tessuto linfoide.

Dal cieco parte il colon ascendente, raggiunge la superficie inferiore del fegato, dove ripiega verso sinistra in corrispondenza della flessura epatica per poi proseguire nel colon trasverso.

Il colon trasverso attraversa la cavità addominale per poi raggiungere la sua estremità sinistra e venire in contatto con la milza dove ripiega bruscamente verso il basso in corrispondenza della flessura sinistra o splenica per poi continuare nel colon discendente.

Il colon pelvico è la continuazione del colon discendente

La funzione principale del colon è di convertire il chimo in feci in vista dell’escrezione.

Durante questo processo, il colon assorbe acqua dal chimo trasformandolo da liquido in solido.

Miliardi di batteri sintetizzano le vitamine K e B come anche l’idrogeno, l’anidride carbonica, l’idrogeno solforato ed il metano.

Questi miliardi di batteri vivono normalmente innocui a meno che non si diffondano in altre parti del corpo.

Si alimentano delle fibre non digerite e di altre sostanze come le proteine, contribuendo a ridurre la quantità di feci prodotte.

Il retto è la parte finale dell’intestino crasso.

È lungo circa 12 cm., al di sotto del retto si trova il canale anale, lungo circa 4 cm. Che è provvisto di uno sfintere interno ed esterno, che agiscono come valvole e si rilasciano durante la defecazione.

Riassumendo, l’intestino crasso secerne una sola sostanza, la mucina che lubrifica le feci e facilita il passaggio di esse attraverso il retto e l’ano.

Questo tratto dell’intestino, inoltre assorbe l’acqua, il glucosio ed anche i sali, espelle il calcio, il ferro e decompone la cellulosa ad opera dei batteri.

La flora batteria intestinale è prevalentemente localizzata in questo tratto dell’intestino ed è rappresentata da microrganismi aerobi ed anaerobi raggruppati in circa 400 specie.

Se la flora batterica è equilibrata, riesce ad eliminare gli scarti prodotti dagli alimenti digeriti ed assimilati, assorbe l’acqua e le sostanze nutritive, coadiuva al funzionamento del sistema immunitario.

Diagnosi e prevenzione del sistema cardiocircolatorio

I problemi di circolazione si prevengono e se iniziali si possono risolvere con uno stile di vita sano, togliendo il fumo, mangiando in modo equilibrato e con idonea attività fisica, ed inoltre verificando e togliendo le cause predisponenti. 

I fattori metabolici più importanti da valutare sono:

L’omocisteina è il più significativo segno di danno cardiovascolare, quando supera il valore di 8-10 μmol/L indica cattivo stato endoteliale.

La glicemia o meglio l’emoglobina glicata (HbA1c) che ci indica il valore medio della glicemia nei 120 giorni precedenti, è da mantenere sotto le 42 mmol/mol, poiché il diabete è l’altra maggior causa di alterazione dei vasi.

La dislipidemia che predispone agli ateromi (in questo caso il dato più attendibile sono le LDL ossidate che qualche laboratorio inizia determinare),

Lo stato ossidativo con il test dei dROM.

Se questi parametri risultano alterati è necessario ridurli entro i limiti normali, perché sono indicativi dell’alterazione dei vasi e migliorandoli in una certa misura si migliora lo stato dei vasi e si riducono anche i sintomi percepiti. 

Tutti questi fattori si possono migliorare con la dieta e con integratori vitaminici e fitoterapici, in particolare:

L’omocisteina alta segno di difficoltà di metilazione e di danno cellulare si riduce mediante l’integrazione di vitamine del gruppo B (B6, B12 e acido folico). 

Per migliorare la metilazione si possono fornire altri donatori di metile come la betaina o la colina, l’iperglicemia e le dislipidemie si curano con la dieta e appositi integratori.

Riguardo alla dieta equilibrata (delle patologie metaboliche) le indicazioni di base sono:

  • Riduzione dei grassi saturi e polinsaturi trans (se in eccesso in quanto la quantità dei grassi totali va mantenuta comunque nella quota del 30% circa, mentre i trans ad un valore pari a zero).
  • Aumento di verdura e frutta possibilmente di stagione.
  • Riduzione degli zuccheri semplici e dei cibi ad alto indice insulinico;
  • Evitare gli eccessi di alcolici (non più di due bicchieri di vino al giorno per gli uomini e uno per le donne).
  • Seguire una dieta iposodica (salare poco in cottura ed evitare i dadi, insaporire con erbe e spezie, non salare i contorni, evitare cibi precotti e confezionati, preferire il pane senza sale).

Lo stato ossidativo trova un grande miglioramento con alimentazione a base di verdure e frutta fresca e l’uso di integratori a base di piante antiossidanti.

AIDO – Associazione italiana per la donazione di organi e tessuti

All’inizio degli anni ‘70, in Italia, il trapianto di organi, pur essendo ancora limitato al rene e alla cornea, cominciò a delinearsi come un vero e proprio mezzo terapeutico.

A quell’epoca, alcuni cittadini di Bergamo, che avevano intuito la potenzialità dei trapianti, diedero vita alla DOB, l’Associazione Donatori Organi di Bergamo.

L’iniziativa destò molto interesse, determinando centinaia di adesioni in numerose regioni italiane.

La DOB cambiò, così, la sua denominazione in AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi). 

Con il passare degli anni, l’AIDO si è diffusa in tutte le regioni italiane e oggi conta 1.200.000 iscritti.

Secondo i dati forniti dal Centro Nazionale Trapianti, il nostro Paese, con 18,1 donatori per milione di abitanti, è ai primi posti tra le grandi nazioni europee per donazione di organi ed è, invece, al primo posto per donazione di tessuti.

Dal 1 aprile 1999, in seguito alla promulgazione della nuova legge sui prelievi e i trapianti di organi e tessuti, l’AIDO ha assunto una denominazione ancora diversa: Associazione Italiana Donatori di Organi e Tessuti.

La legge n.91 del 1999 riconosce all’AIDO il ruolo di “coautore per iniziative delle Istituzioni volte all’educazione sanitaria e alla promozione della donazione”.

Parte dell’attività dell’AIDO viene svolta nelle scuole e vuole indurre i ragazzi a riflettere serenamente sul problema dei trapianti e sul profondo significato, umano e civile, del consenso al prelievo di organi.

Solo attraverso l’informazione, infatti, si possono superare tutte quelle paure, quasi sempre irrazionali, che si devono affrontare quando si parla di trapianto e donazione di organi.

Attraverso una informazione adeguata, semplice, ma allo stesso tempo scientificamente corretta, questa associazione vuole risolvere i dubbi e combattere le paure dei singoli.

Anche nel nostro distretto sono presenti numerosi gruppi AIDO che si attivano, con mezzi diversi, per promuovere la cultura della donazione. 

Informazione e musica è l’abbinamento che, da qualche tempo, hanno scelto i ragazzi del Gruppo AIDO “Silvia Dall’O’” di Cinto Euganeo per diffondere l’importanza e il valore della decisione di donare i propri organi.

Sono state diverse le serate che, nei mesi scorsi, hanno visto i ragazzi di Cinto Euganeo impegnati in vari paesi della provincia per far conoscere l’AIDO “cantando la vita”. 

Che cos’è il trapianto di organi?

Quando avviene la donazione? Quali sono gli organi che si possono

donare? Queste sono solo alcune delle domande più frequenti. 

Tutti siamo potenziali donatori, ma molti non sanno ancora come lo si diventa.

Poiché nel nostro Paese non è ancora entrato in vigore il principio del silenzio assenso, per diventare donatori bisogna esprimere validamente la propria volontà con una delle seguenti modalità:

  • tesserino blu inviato dal Ministero della Sanità nel maggio 2001;
  • registrazione della volontà sulla banca dati del Ministero della Salute effettuata presso gli sportelli delle sedi distrettuali di Conselve, Este, Monselice e Montagnana;
  • dichiarazione di volontà alla donazione di organi e tessuti scritta su un comune foglio bianco che riporti: nome, cognome, data e luogo di nascita, data e firma;
  • tessera o atto olografo dell’AIDO o di una delle altre associazioni di volontariato o di pazienti.

In mancanza di una esplicita dichiarazione espressa in vita, i familiari (coniuge non separato o convivente more uxorio, o figli maggiorenni o genitori) possono presentare opposizione scritta al prelievo durante il periodo di accertamento di morte.

L’opposizione non è consentita se dai documenti personali elencati o dalle dichiarazioni presentate presso l’Azienda ULSS di appartenenza, risulta che il soggetto abbia espresso volontà favorevole al prelievo di organi e tessuti.

Iscriversi all’AIDO è una delle più belle e fattive forme di solidarietà umana, ma l’iscrizione deve essere fatta da persone che conoscono ed abbiano ben compreso il significato profondo della donazione.

Ciascuno di noi può diventare donatore… ciascuno di noi può aver bisogno di un trapianto.

Tonsille e adenoidi

Le tonsille e le adenoidi sono formazioni costituite da tessuto linfatico, simile ai linfonodi. 

Le tonsille sono localizzate nella gola e sono visibili aprendo la bocca ed abbassando la lingua, mentre le adenoidi sono localizzate nel rinofaringe (al di dietro del naso, ricoperte dal velo e non visibili aprendo solo la bocca, se non con l’ausilio di speciali strumenti).

Tonsille e adenoidi sono situate nella parte iniziale delle vie aeree e pertanto hanno la funzione di filtrare e catturare i germi che respiriamo e che possono provocare infezioni. Esse “esaminano batteri e virus” per attivare un processo di risposta immunitaria contro tali germi, ma esse stesse possono infettarsi. 

Le tonsille e adenoidi aiutano a sviluppare anticorpi contro tali germi, cosa che avviene soprattutto nei primi anni di vita, ma la loro asportazione NON comporta perdita delle difese immunitarie.

COSA COLPISCE E FA AMMALARE LE TONSILLE E LE ADENOIDI

Il problema più comune che colpisce tonsille e adenoidi sono le infezioni

ricorrenti della gola o dell’orecchio o un significativo aumento di volume con ostruzione che può causare problemi respiratori.

Possono inoltre svilupparsi ascessi peritonsillari, tonsilliti croniche e infezioni delle piccole tasche (cripte tonsillari) situate nelle tonsille con possibile alitosi.

I tumori tonsillari sono rari e possono svilupparsi soprattutto nell’età  adulta.

LA TONSILLITE

La tonsillite è un’infezione in una o entrambe le tonsille. I sintomi più comuni sono:

  • tonsille più arrossate del normale
  • presenza di placche o membrane biancastre
  • un leggero cambiamento della voce dovuta all’aumento di volume delle tonsille
  • dolore
  • deglutizione dolorosa o difficoltà alla deglutizione
  • ingrossamento dei linfonodi del collo
  • febbre
  • alito cattivo

Altre patologie che possono colpire le tonsille sono: gli ascessi tonsillari, i tumori delle

tonsille, gli angiofibromi del rinofaringe, localizzazioni di linfomi.

QUANDO CONSULTARE LO SPECIALISTA

Nei bambini è indicata una visita specialistica in caso di: tonsilliti croniche recidivanti (più di 4 – 5 episodi di tonsilliti nell’arco di un anno), difficoltà respiratoria nasale con roncopatia, apnee, disturbi della deglutizione, otiti recidivanti. 

Per l’adulto è indicata anche in caso di un solo episodio di odinofagia (deglutizione dolorosa) o ascesso peritonsillare.

LA VISITA ORL

Lo specialista si informerà dei vostri i disturbi dell’orecchio, naso e gola, ed esaminerà testa e collo. 

Egli usa un piccolo specchietto o uno strumento flessibile e illuminato per esaminare queste aree.

Gli esami colturali sono importanti nella diagnosi di certe infezioni della gola specie da streptococco.

PERCHÈ TRATTARE LE MALATTIE DELLE TONSILLE E DELLE ADENOIDI

Le infezioni batteriche delle tonsille specie quelle causate dallo Streptococco, sono trattate all’inizio con antibiotici. Talora può essere necessaria l’asportazione delle tonsille e adenoidi.

I due motivi principali per eseguire un intervento di Adenotonsillectomia sono:

  • infezioni ricorrenti nonostante la terapia antibiotica;
  • difficoltà respiratorie dovute a ipertrofia tonsillare e adenoidea. 

Tali ostruzioni respiratorie causano russamento e disturbi del sonno che conducono a loro volta alla sonnolenza diurna negli adulti e a problemi comportamentali nei bambini. 

La respirazione orale persistente dovuta a tonsille e adenoidi ingrossate può causare malformazioni dello scheletro facciale e alterazioni dell’allineamento dentale (occlusione). Inoltre le infiammazioni adeno-tonsillari possono favorire infezioni di strutture vicine come la tuba di Eustachio (passaggio tra la parte posteriore del naso e l’orecchio). 

Questo può portare a frequenti infezioni dell’orecchio e perdita uditiva (sordità trasmissiva). Recenti studi indicano che la adenotomia può essere un trattamento benefico per bambini che hanno otiti croniche accompagnate da versamento nell’orecchio medio (otite media con effusione).

TONSILLECTOMIA E/O ADENOIDECTOMIA

Preparazione pre-operatoria Per almeno due settimane prima di qualunque chirurgia ci si dovrebbe astenere dall’assumere aspirina o altri farmaci che contengono salicilati.

Se il paziente o un membro della sua famiglia hanno avuto un qualunque problema con l’anestesia generale bisogna riferire al chirurgo. 

Il chirurgo dovrebbe essere informato del fatto che il paziente sta assumendo qualunque altro farmaco, se ha una anemia falciforme, se ha un disturbo della coagulazione, se ha preoccupazioni riserve riguardo alle trasfusioni di sangue o ha usato steroidi nell’anno precedente. 

Alcuni giorni prima dell’intervento vengono eseguiti esami e visita anestesiologica pre-operatoria.

Generalmente dopo la mezzanotte prima dell’intervento non può essere assunto nulla per bocca (neanche gomma da masticare). 

Qualsiasi alimento presente nello stomaco potrebbe essere vomitato quando si induce l’anestesia e questo potrebbe essere pericoloso.

Prima dell’intervento, ai bambini, viene posizionata una pomata anestetica nelle aree (piega del gomito  di solito) dove dovrà essere inserita l’ago-cannula per l’anestesia; si somministra la preanestesia per bocca e il bambino viene condotto nel gruppo operatorio accompagnato dai genitori fino alla zona filtro (area di accesso alla zona sterile). 

Il piccolo viene sottoposto ad anestesia generale ed operato in anestesia generale.

Solo quando vi è la sicurezza del controllo della sua respirazione il piccolo viene riportato in reparto, assistito sempre dai genitori.

Dopo circa 8 – 10 ore, se non vi sono controindicazioni, viene dimesso con i consigli e le precauzioni da seguire a casa. 

Il dolore post-operatorio non è significativo nei bambini mentre di solito è maggiore nei pazienti adulti. Sulle logge tonsillari operate si formano due placche bianche di fibrina che si staccheranno da sole nell’arco di 10 giorni a piccoli frammenti. 

Nei primi dieci giorni post-operatori il paziente dovrà evitare di favorire il distacco di tali placche in quanto, se queste cadono prima della cicatrizzazione, vi può essere un sanguinamento, ed è per tale motivo che il paziente dovrà avere una alimentazione semiliquida e fredda per dieci giorni, non mangiare cibi che possano facilitare il distacco delle placche, non lavarsi con acqua calda, in quanto il calore può facilitare tale distacco. 

Solo dopo la caduta delle placche il paziente è guarito e potrà riprendere una normale attività.

In caso di sola adenoidectomia, non vi è sintomatologia dolorosa ma si devono evitare cibi con vapori caldi ed esposizione al sole per 8 – 10 giorni come prevenzione del sanguinamento.

IPERTROFIA ADENOIDEA

I sintomi più comuni della ipertrofia adenoidea sono:

  • respirare a bocca aperta
  • invece che dal naso
  • voce nasale (Rinolalia chiusa)
  • respiro rumoroso durante il giorno
  • infezioni ricorrenti dell’orecchio
  • russamento notturno
  • apnee notturne (il respiro si ferma per pochi secondi durante la notte con russamento o respirazione rumorosa).

Preziosi consigli per Ridurre la pancia in breve tempo

Ecco di seguito alcuni consigli sul come ridurre la pancia in breve tempo:

Pancia piatta
Se da un pò di tempo, guardandovi allo specchio, non ne potete più di vedere quella pancetta o se magari state rinunciando a tutte le occasioni per mettervi in costume o passate il vostro tempo trattenendo il respiro…bè, forse è arrivato il momento di risolvere il problema!

Contrariamente a quello che si pensa, seguendo un programma adatto è possibile ridurre la pancetta in breve tempo, e ottenere un addome più piatto e tonico.

Per raggiungere questi risultati è necessario correggere alcune abitudini di vita errate, come l’alimentazione squilibrata e la vita sedentaria, e seguire un programma specifico.

Le cose da non fare
• Stare per ore seduti davanti al computer.
• Passare le serate sul divano a guardare la tele.
• Mangiare quello che capita, compresi hamburger e patatine.
• Consumare alcolici.

Le cose da fare
• Fare attività fisica, in palestra o a casa.
• Imporsi di muoversi di più, magari ricominciando a praticare lo sport preferito.
• Stare attenti a tavola, evitando cibi ipercalorici e poco sani.
L’alimentazione è il fattore più importante per tenere sotto controllo la pancetta.
• Evitare tutti gli alcolici, birra compresa.

L’esercizio fisico contro la pancia
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, lavorare solo sugli addominali con esercizi specifici non è la cosa migliore da fare.

È necessaria un’attività di tipo aerobico, che permetta di bruciare i grassi e perdere chili, tonificando così tutto il fisico, pancia compresa. Vanno benissimo il nuoto, la corsa, lo spinning, e tutti gli sport di resistenza.

L’attività va integrata con esercizi specifici per gli addominali, che sono i muscoli di sostegno degli organi dell’addome e quindi aiutano a contenere la pancia.

Se si vogliono ottenere risultati in breve tempo è necessario dedicare all’attività fisica almeno tre giorni la settimana.

Una dieta rapida per la pancia
Per una terapia d’urto, seguite questa dieta, che permette di perdere in media 5 chili in un mese.

colazione:
– caffè senza zucchero
– yogurt magro o una tazza di latte
– due fette biscottate
spuntino:
– 1 frutto o un succo a vostro piacimento
pranzo:
– 150 grammi di carne o pesce oppure due uova
– verdure lessate o fresche
merenda:
– una spremuta di arancio, ananas o mandarino
cena:
– 100 grammi di pasta
– verdure o legumi

Il pranzo e la cena si possono invertire.
Per condire non utilizzate più di un cucchiaino d’olio extra vergine a pasto.

Tossicodipendenza e Alcoldipendenza

Il fenomeno dell’abuso di sostanze illegali come le droghe o legali come l’alcol favorisce la nascita di dipendenze quali: tossicodipendenza ed alcoldipendenza.

Queste ultime correlate nel nostro territorio rispecchiano l’evoluzione che le stesse sostanze stanno avendo, ed ha in passato largamente avuto, sia a livello regionale che nazionale.  

Per quanto riguarda la tossicodipendenza un progressivo calo del consumo di eroina, anche se ci sono dei picchi di riattivazione del fenomeno, corrisponde un aumento del consumo di cocaina, cannabinoidi e sostanze sintetiche (ecstasy in particolare). 

Il coinvolgimento complessivo delle persone nel rapporto con le sostanze psicoattive non appare in calo, si è modificata la modalità di consumo: si usa meno la via endovenosa ma le stesse sostanze vengono più spesso sniffate, bevute, inalate e l’uso è spesso concentrato nel fine settimana, in occasione di feste, di incontri in discoteche o altri locali simili.

Spesso si scambia psicologicamente il momento di incontro e di amicizia nelle compagnie di giovani, con l’utilizzo collettivo di queste sostanze.

Negli ultimi 20 anni si è verificata una diminuzione del livello di attenzione degli adulti verso la pericolosità delle già conosciute (ecstasy, popper, lsd, ketamina, smart drugs) e delle vecchie (eroina, cocaina, cannabinoidi) sostanze, usate in modo diverso dal passato (non  continuativamente, sniffate invece che endovenose, oppure attraverso più sostanze insieme: generalmente conosciuto come cocktail).

Questo ha favorito una penetrazione del consumo anche in gruppi giovanili che un tempo sembravano immuni.

Tra i consumatori ed abusatori di queste sostanze, sono aumentate le persone con problemi  psicopatologici conclamati, sia per la maggiore vulnerabilità delle persone con disturbi psichici verso il consumo di sostanze, sia per gli effetti psichici delle sostanze stesse.  

Per quanto riguarda invece l’alcoldipendenza ed il fenomeno del consumo di alcol correlato, esso appare più endemico e mimetizzato nel tessuto sociale, con sottovalutazione dei rischi  sia da parte delle famiglie che da parte degli educatori, ma anche da parte dei medici sia di famiglia che ospedalieri. 

Questo fenomeno deve essere invece affrontato molto prima che si instaurino le complicanze fisiche e psichiche che portano, come è noto, a livelli di sofferenza individuale, familiare e sociale che hanno pochi altri riscontri nella vita delle persone.

Preoccupante appare il consumo ed abuso nel fine settimana di alcolici da parte dei giovani e giovanissimi (14-16 anni), che raramente richiedono un trattamento, ma che sottovalutano il potenziale rischio di danno sia psichico (aumento dell’aggressività, diminuzione della memoria e attenzione, amnesie), che fisico (danni epatici, gastrici, cardiaci e neurologici a medio lungo termine), ed anche sociale (incidenti stradali, incidenti ed assenze sul lavoro, isolamento familiare) di una tale modalità di consumo.  

Già da qualche anno la richiesta di visite specialistiche da parte della Commissione Patenti provinciale sembra essersi moltiplicata in maniera esponenziale e, se da un lato è vero che abbiamo una legge sempre più opprimente, dall’altro è anche si veritiero che in molti continuano però ad infrangerla, specialmente dopo l’assunzione di sostanze nocive ed illegali.

Tali richieste sono aumentate di molte volte rispetto a qualche anno fa. 

La lettura del fenomeno nel territorio può essere svolta attraverso l’esame delle persone che sono state in carico ai Servizi per le Tossicodipendenze e Alcologia.

Anche se non se ne sente parlare (solamente a livello di facciata), la sostanza di abuso e dipendenza primaria per le persone con problemi (in tutta Europa) di tossicodipendenza rimane l’eroina.

Negli ultimi decenni il suo consumo tende a calare, seguita da cannabinoidi, cocaina ed ecstasy, queste ultime tre sono anche le sostanze di abuso secondarie più utilizzate insieme all’alcol. 

Per le persone con problemi di alcol correlati, il vino rimane in assoluto la sostanza di abuso e di dipendenza più utilizzata seguita da birra e superalcolici.

L’età media dei nuovi casi di persone con problemi  correlati alla droga si situa tra i 20 e 30 anni, mentre per le persone con problemi alcolcorrelati tra i 40 e 50 anni.  

Si stanno avvicinando al trattamento alcol-correlato anche persone con età intorno ai 30 anni. 

Una volta prese in carico, le persone  entrano in un processo di cura che prevede tempi lunghi.

I trattamenti offerti dai vari Servizi per le Tossicodipendenze (SerT), o Servizi per le Dipendenze patologiche (SerD), sono caratterizzati dall’integrazione di  aspetti medico-farmacologici e aspetti psicologici e sociali-riabilitativi.

L’evoluzione parallela alla medicina classica, di tecniche non tradizionali è stata notevolmente implementata ed oggi, molte di queste tecniche, fanno parte del tessuto funzionale ed applicato delle discipline di guarigione e di disintossicazione prive farmaci chimici, pertanto tecniche meccaniche o naturali volte al completo reset fisiologico e psicologico del corpo umano (www.kinesiologia-riflessologia.com).

Nello specifico, il 60% dei trattamenti attuati sono di tipo psicosociale e/o riabilitativo, che comprende: sostegno psicologico,  psicoterapia individuale-familiare o di gruppo, interventi di servizio sociale, mentre il restante 40% sono trattamenti integrati di tipo farmacologico e psico-sociale.

A varie persone è stato proposto un  trattamento in comunità terapeutica ed infatti i Ser.T. e i Ser.D. collaborano con varie comunità terapeutiche.

Per affrontare in modo integrato e sinergico il fenomeno delle dipendenze da sostanze psicoattive attraverso uno stretto coordinamento degli obiettivi e delle azioni sul territorio, da alcuni anni è stato creato il Dipartimento Funzionale per le Dipendenze.

Ad esso partecipano tutte le strutture che nel nostro territorio si occupano direttamente ed indirettamente di dipendenze patologiche.